Sardella calabrese

INGREDIENTI:

1Kg di Bianchetto
50 gr. di Peperoncino piccante macinato
50 gr. di peperoncino dolce macinato.
250 gr. circa di Sale
Finocchio selvatico

PREPARAZIONE:

Lavare molto bene i pesciolini in una grossa insalatiera e ogni volta che si cambia l’acqua, usare uno scolapasta per travasarli; trattandosi di pesciolini microscopici, questa accortezza eviterà che si disperdano.

Continuare a sciacquare fino a quando l’acqua risulterà limpida e senza schiuma.
Far scolare bene per qualche ora. 
Porre il bianchetto in un vaso di vetro o di coccio dalla bocca molto grande, alternando strati di pesce con strati di sale.

Chiudere l’interno del vaso con un tappo di legno o di sughero o altro materiale compatibile con gli alimenti, in modo tale da coprire perfettamente il suo contenuto.
Porre un peso sul tappo.
In questo modo, mano a mano che il sale si scioglierà la salamoia salirà coprendo il tappo ed assicurando un perfetto isolamento con l’esterno. 
Il sale farà maturare la sardella in cinque/sei mesi.

Passato questo tempo, scolare la salamoia, strizzare bene la poltiglia di pesce.

Condire il composto di pesce ottenuto con il peperoncino, sia quello piccante che quello dolce e con il finocchietto selvatico e frullare.
Amalgamare bene il tutto omogeneizzando perfettamente.

Riporre in un vaso di vetro avendo cura di coprire la superficie con dell’olio.
Questa squisita preparazione gastronomica è ottima per condire la pizza, la pasta, per impreziosire arancine e supplì, per realizzare bruschette ed insaporire piatti a base di pesce.

CURIOSITA’:

Dopo la ‘nduja, il simbolo gastronomico della Calabria è sicuramente la sardella, detta anche rosa marina o caviale dei poveri.
Qualcuno afferma che questa preparazione sia una rivisitazione dell’antico “garum”, una salsa a base di pesce, di cui erano molto ghiotti gli antichi Romani, anche se le differenze sono notevoli.
Il garum, infatti, era preparato con interiora e varie qualità di pesce insieme ad una certa quantità di sale.
Si faceva poi macerare il tutto al sole per mesi interi e alla fine si faceva colare, attraverso l’uso di ceste, separando così il liquido prodotto dalla salamoia (chiamato liquamen) dal resto del pesce.
Ed era proprio il liquamen ad essere considerato una vera prelibatezza.
Potevano permetterselo solo le categorie sociali più abbienti, capaci di pagare un prezzo molto elevato pur di poterne fare uso come condimento, per svariati piatti anche a base di carne.
Sicuramente, la preparazione attuale che più si avvicina al garum che è “la colatura di alici”, ed è tutt’ora prodotta.

I sotto aceti e salse di Calabria ⋆ Mappa della storia

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