La fase alto-arcaica dell’abitato di S. Marco NE

 Le fasi di vita delle strutture dell’abitato
Fig. 1. Veduta della USM 1220.

Fig. 1. Veduta della USM 1220.

Dopo un breve lasso di tempo (circa trent’anni) che vede nell’area del promontorio di Punta Stilo l’arrivo di esploratori greci intesi a verificare la natura e il carattere degli indigeni già insediati, nonché le potenzialità delle risorse naturali e ambientali, un gruppo di coloni guidati da Tifone e provenienti dalla cittadina achea di Egio pose qui la sua dimora nell’ultimo ventennio dell’VIII sec. a.C. (le vicende e le difficoltà dell’occupazione del territorio sono efficacemente adombrati nel racconto mitico legato all’amazzone Clete), in contemporanea con le fondazioni di Miscello a Crotone e di Is a Sibari: comincia allora quel processo di strutturazione e monumentalizzazione della città (chiamata dapprima Aulonía e poi Kaulonía) che poco dopo la metà del VII sec. a.C. può dirsi ormai quasi concluso: viene disegnato il primo impianto urbano del quale conosciamo per ora solo la plateia nord‐sud messa in luce a S. Marco NE, si imposta la cinta muraria, viene innalzato un altare e avviato un impianto metallurgico nell’area del tempio, si costruiscono a S. Marco NE le prime case.

Fase alto‐arcaica

Fig. 2. Pianta della fase alto-arcaica.

Fig. 2. Pianta della fase alto-arcaica.

Risalgono a questa fase (compresa tra la seconda metà del VII e la metà del VI sec. a.C) le prime strutture edilizie attestate nel settore: il muro USM 1220 e pochi altri esigui resti distinti in pianta con il colore azzurro chiaro (figg. 1‐2), conservati ad ovest dell’asse stradale (S L 1) (impiantato in questa fase e in uso fino alla fine del IV‐inizi del III sec. a.C.) che divide in due distinti blocchi l’area di scavo. Questo setto murario, ad andamento est‐ovest e costruito a secco con ciottoli fluviali e pietre di medie dimensioni, è inquadrabile nella seconda metà avanzata del VII sec. a.C.: nei suoi pressi fu rinvenuto nel 2010 l’aryballos di bronzo, contenente cospicui resti di ocra bruna, costituito da due emisfere in lamina martellate e saldate fra loro (fig. 3).

Oggetti del genere, costosi e di un certo pregio, raramente se non per la prima volta sono attestati in un contesto di abitato, dove il nostro esemplare sta a testimoniare un ulteriore aspetto (per ora non facile da definire) di quelle pratiche rituali e manifestazioni religiose cui abbiamo già riferito pasti e libagioni conviviali (ossa di piccoli o giovani animali; una grande quantità di coppe e coppette fabbricate localmente alle quali si aggiungono prodotti di alto livello importati da Atene), offerte di ceramiche miniaturistiche (fig. 4), dediche di significato meno scontato come il vasetto modiato (pari a due kotylai ovvero tazze di grano; fig. 5) rinvenuto capovolto lungo il muro orientale (USM 1164) della struttura ad L, assegnata alla prima metà del VI sec. a.C. e distinta in pianta dal colore azzurro.

Fig. 3. Aryballos di bronzo in fase di scavo.

Fig. 3. Aryballos di bronzo in fase di scavo.

Fig. 4. Brocchetta miniaturistica in fase di scavo.

Fig. 4. Brocchetta miniaturistica in fase di scavo.

Fig. 5. Vaso modiato in situ.

Fig. 5. Vaso modiato in situ.

A rituali specificatamente di carattere religioso si può riferire l’arula decorata da una doppia treccia a rilievo (per questo aspetto cfr. il capitolo dedicato alla religiosità domestica). Questo complesso, formato da due setti murari in ciottoli fluviali e pietre di piccole dimensioni, racchiude un ampio spazio pressoché quadrangolare (che si estende sotto le strutture tardo‐arcaiche e classiche sia verso ovest che verso sud) suddiviso in due settori da un leggero tramezzo (fig. 6). Alla stessa fase risale un altro setto murario (USM 1262) sempre costruito nella stessa tecnica, messo in luce a est dell’asse stradale, proprio sul limite del saggio (fig. 7).

Fig. 6. Veduta della struttura ad L.

Fig. 6. Veduta della struttura ad L.

Fig. 7. Veduta della USM 1262.

Fig. 7. Veduta della USM 1262.

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