Cenni storici di Caulonia

[ultra_dropcaps style=”ultra-normal”]S[/ultra_dropcaps]ulle origini di Caulonia, per molto tempo gli studiosi hanno avuto dei pareri discordanti, dovuti al retaggio di un errore storico sull’attribuzione del nome, risalente al 1863. Per tanto tempo si era pensato che Caulonia fosse il nome italianizzato dell’antica città magno-greca Kaulon, e che quindi l’attuale cittadina traesse origini dirette dall’antica colonia, anticamente distrutta e ricostruita.
In seguito all’approfondimento di recenti studi e ricerche, ma soprattutto grazie alle campagne di scavi nel territorio, condotte da Paolo Orsi che hanno portato al ritrovamento di reperti e ruderi archeologici, si è potuto finalmente fare un pò di chiarezza sulla etimologia di Caulonia.
All’epoca della colonizzazione ellenica – che iniziò a partire dall’ ottavo secolo a.C. – Locri Epizefiri (attuale Locri e Portigliola) e Kaulon (attuale Monasterace), fondata successivamente da Crotone (come scrive la dott.ssa Maria Teresa Iannelli) sono le città che condizioneranno le vicende storiche del territorio limitrofo soggetto alla loro influenza.
Di fatto sono tuttora incerti i limiti territoriali tra le due colonie ed ancora non è stato stabilito con certezza se il territorio relativo all’odierna Caulonia era sotto l’influenza dei Locresi o dei Cauloniati. La grandezza e la preminenza dell’antica Kaulon nella magna grecia è confermata anche dal fatto che a partire dal VI sec. a.C., essa fu una delle prime colonie a coniare delle splendide monete, particolare che testimonia il suo potere economico insieme alla raggiunta autonomia, visto che tra l’altro la città possedeva certamente un porto, di cui non conosciamo però l’esatta ubicazione.
Dalle fonti storiche emerge che dopo ultima distruzione dell’ importante colonia greca Kaulon, avvenuta nel 200 a.C. ad opera dei romani, la città non venne più ricostruita e col tempo le rovine delle mura e delle possenti torri, furono sommerse da detriti e fango. Gli abitanti, sopravvissuti alla distruzione della città si rifugiarono nei dintorni dell’entroterra,

ripopolando le alture che fornivano certamente una maggiore protezione e la possibilità di prevenire per tempo le probabili incursioni di popoli d’oltre mare che sbarcavano sulle coste del sud Italia. Non dimentichiamo infatti che dopo il predominio ellenico e romano, le popolazioni del nostro territorio dovettero affrontare anche l’invasione turca. In definitiva, dopo la distruzione il nome di Kaulon, svanì per molti secoli.
(integrazioni tratte dal libro Itinerari cauloniesi)

Caulonia o Castelvetere?

[ultra_dropcaps style=”ultra-normal”]L[/ultra_dropcaps]’attuale ubicazione di Caulonia, il cui nome come abbiamo detto si pensava fosse la versione italianizzata di Kaulon, in base alla ricostruzione storica tratta dallo studio di fonti documentali e archeologiche corrisponde come origine diretta alla roccaforte di CASTELVETERE.
Di probabili origini tardo romane o piuttosto bizantine, l’antica Castelvetere si affaccia all’età medievale. Ne danno testimonianza innanzitutto, i resti del castello normanno (Castrum Vetus) da cui presumibilmente la cittadina prese il nome – Vecchio Castello.

Dalla fine del ‘600 fino al 1783, anno del famoso terremoto, la fortezza di Castelvetere fu residenza di gente fidata dei Carafa (signoria di Castelvetere), che vi hanno governato con il titolo di “vicemarchese”.
Torniamo ora al discorso sul nome dell’ attuale Caulonia:
Nel periodo del Rinascimento avanzato, gli studiosi Barrio, Marafioti, Nicolosi e Alberti, in dotte discussioni si affrettarono a ricordare come gli abitanti della sub-colonia greca avevano costruito Castelvetere sull’altura della valle tra l’Allaro e l’Amusa e che le rovine della stessa Kaulon si sarebbero dovute trovare subito dopo la sponda sinistra del fiume Allaro, presso il sito dell’odierna fraz. Focà.

Forti di queste sicurezze i Castelveterini, nel 1863 mutarono il nome della loro città in quello classico di Caulonia. Successivamente, grazie ad una serie di campagne di scavo condotte, tra la fine del XIX sec. e i primi decenni del 1900, sotto la guida di Paolo Orsi, fu individuato il punto dove sorgeva l’antica polis greca di Kaulon, ubicata esattamente all’altezza del faro di Punta Stilo (Monasterace Marina a circa 15 Km dall’attuale Caulonia), dove è ancora visibile la pianta del tempio dorico di Zeus Comenio.
Ma ormai era troppo tardi per riparare l’errore commesso dalla gente di Castelvetere.

Caulonia. La città dell’amazzone Clete

by MAF Firenze

UN TIPO DI RAFFIGURAZIONE INEDITO NELLA MISTERIOSA MONETAZIONE INCUSA DELL’ANTICA KAULONIA NEL BRUTTIUM

A circa 19 miglia a Nord di Locri, alla foce del fiume Sagra e del promontorio Cocynthum, (citato da Plinio il Vecchio) era situata la città di Kaulonia, detta anche Aulonia. Secondo le antiche fonti, sarebbe stata fondata dai Crotoniati (Pseudo-Scimno di Chio, 318-322; Solino, 11,10; Stefano di Bisanzio, 170.9 e 494.9). Il geografo d’Amasia, Strabone, nell’opera Geographica (VI 261,1, 10), afferma che era una Acaiwn ktisma (= fondazione Achea). Lycofrone di Calcide, Alexandra ( vv. 1002-1007), sostiene che le genti di Crotone occuparono la città dell’amazzone Cleta (Kaulonia) e se ne impossessarono dopo un’aspra e cruenta battaglia. Pausania, VI, 3 scrive: Kaulwnia de apwkisqe men es Italian upo Acaiwn oikisths de geneto auths Tufwn aigieus (Caulonia fu fondata in Italia dagli Achei, il suo ecista fu Tifone d’Aegium). M. Servio Honorato, nell’opera Commentarii in Vergilii Carmina, (lib. III, 553), scrive: Caulonisque arces Aulon mons est Calabriae, ut Horatius et amicus fertilis Baccho: in quo oppidum fuit a Locris conditum, quod secundum Hyginum, qui scripsit de situ urbium Italicarum …, olim non est [Alii a Caulo Clitae Amazonis filio, conditum tradunt. (Le rocche di Caulon: Aulon è un monte della Calabria, come dice Orazio ed il fertile Aulon, amato da Bacco: su di esso sorgeva una città fondata dai Locresi, che secondo Igino, autore di un’opera sul sito delle città d’Italia.., un tempo non c’è. Altri la dicono fondata da Caulo, figlio dell’amazzone Clita. Il sito della città non va ricercato nella moderna Caulonia Marina, ma va identificato nei pressi di Monasterace Marina (RC), come giustamente aveva visto Paolo Orsi nel 1891, in seguito a ritrovamenti fortuiti di coroplastica e terrecotte architettoniche durante i lavori per la costruzione del faro, ancor’oggi esistente. Con tre campagne di scavo, l’Orsi accertò l’ubicazione della colonia greca, riportando alla luce diversi tratti delle fortificazioni, un tempio, aree di necropoli ed un’area sacra extraurbana collinare. L’origine dell’apoikia (colonia) e la cronologia della sua fondazione rimangono, comunque, incerte. Alcune fonti la vogliono fondata da Aulo, figlio dell’amazzone Cleta, o da Cleta stessa, che le dette il nome; altre ancora la considerano una subcolonia di Crotone ed è questa l’ipotesi accettata dalla gran parte degli studiosi.
Cronologicamente, dunque, la sua edificazione è stata posta alla fine del VII-inizi del VI secolo a.C. Indicazioni di una datazione più antica, dalla fine dell’VIII-inizi VII sec. a.C., vengono forniti, però, dal ritrovamento di ceramica arcaica già nei primi scavi e, successivamente, in sondaggi più recenti a ridosso delle mura. Il periodo di maggior fioritura di Kaulonia va inquadrato nella seconda metà del VI sec. a.C. (530-510 a.C.), allorché ebbero inizio le emissioni monetali incuse raffiguranti una figura virile, nuda, gradiente verso destra, che regge nella mano destra tirata all’indietro un ramoscello e sulla sinistra, protesa, una figurina corrente nuda, retrospiciente.

D/ Figura virile in nudità eroica, in movimento verso destra, su linea d’esergo formata da palline. Il giovane ha un’acconciatura dei capelli a riccioli e cadenti a trecce sulle spalle; la mano destra tirata verso dietro con ramoscello; sul braccio sinistro proteso si nota molto chiaramente una piccola figura corrente verso destra, retrospiciente e con le braccia aperte da cui pendono delle infule o, più probabilmente, una clamide. Nel campo sulla destra una cerva volta a destra e girata verso la figura principale, situata su una linea d’esergo; a sinistra legenda KAVL.Il bordo che incornicia la raffigurazione è a torques. (Foto n. 1) R/ Lo stesso tipo del diritto incuso, manca, però, la figurina corrente sul braccio e la legenda. Cerchio tratteggiato (Foto n. 2). La stranezza di questo gradevole e rarissimo esemplare consiste nel particolare, a mio avviso determinante, della figura corrente sul braccio che chiaramente porta una clamide, clamus, una specie di mantello indossato dagli efebi e fermato sulla spalla destra o sopra il petto. I lembi pendenti si dicevano ptera oppure pteruges (ali). Tipico indumento di chi andava a cavallo o dei viandanti. Se la mia ipotesi è rispondente al vero, dal momento che nelle raffigurazioni antiche il bellissimo Hylas, giovanetto di cui si era innamorato Herakles dopo averlo rapito al padre Teiodamante, è visto sempre con una clamide, si prospetta l’ipotesi che il tipo dello statere raffiguri Herakles che insegue il bellissimo giovanetto Hylas, ormai lontano, rapito dalle ninfe attratte dalla sua divina bellezza, visto in prospettiva remota sul braccio ed in atto di correre. Il poeta latino Properzio (50 a.C. – 15 d.C.) nell’opera Elegiarum Lib.I 20-21, a proposito di Hylas scrive “Tum sonitum rapto corpore fecit Hylas./ cui procul Alcides iterat responsa, sed illi /nomen ab extremis montibus aura refert. (= nel sentirsi rapito allora emise Hylas un grido, a cui da lontano Alcide risponde e chiama e chiama, ma soltanto il nome gli riporta Eco dai monti). È ovvio che la tesi qui sostenuta sia suscettibile di essere accettata o no, in ogni caso a me interessava apportare un nuovo, modesto, contributo alla conoscenza delle emissioni incuse della città calabrese, la cui bellezza è universalmente riconosciuta da tutti gli studiosi di numismatica ed archeologia. A voler giudicare della frequenza di apparizione di esemplari cauloniati su moltissimi cataloghi d’asta italiani e stranieri, si ricava un altro dato per nulla trascurabile: il numerario di questa Polis, definita credo erroneamente di scarsa importanza, non era per nulla inferiore alla valuta circolante di Metaponto, Crotone e Sibari. Chiaro segno di vivaci rapporti commerciali con le numerose città della Megàle Ellàs.

Bibliografia
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